Reclusi in casa senza una strategia

Pasqua e Pasquetta per me sono stati un incubo. Finora, dopo la prima fase di depressione totale (circa 8 giorni dopo il lockdown (misura adottata prima in Cina che, quando leggevo, mi sembrava allucinante e impossibile da adottare anche in un paese civile come l’Italia), la seconda fase di operatività per portare a termine le poche attività rimaste in essere oltre che per supportare la didattica a distanza di mio figlio e la terza fase in cui ho notato il fiorire di atteggiamenti accusatori nei confronti del prossimo che non rispetta la ‘distanza sociale’, siamo alla quarta fase, per me la peggiore.

Chiusi sino al 3 maggio … e poi?

Si naviga a vista, si leggono ogni giorno dei dati (al netto, in chiave ottimistica) e ogni tanto esce il nostro Presidente del Consiglio o il Presidente della Repubblica a fare qualche ramanzina rispettivamente ai membri più aggressivi dell’opposizione o all’Unione Europea (istituzione anch’essa in crisi). In sostanza navighiamo a vista, senza una visione, senza una strategia e senza nemmeno lo straccio di una tattica. Di settimana in settimana si contano morti e malati e si estendono le misure di contenimento senza alcuna modulazione: tutti gli italiani di tutte le regioni in tutti gli stati di salute devono rimanere segregati in casa con la possibilità di uscire solo per andare ad acquistare cibo e farmaci o per far pisciare il cane possibilmente con la mascherina (in alcune regioni solo con la mascherina). Per adesso sono saltati Pasqua e ponti. E poi? Cosa succederà il 3 maggio? Potremo uscire? Cosa riaprirà? Che restrizioni avremo? Il Governo ha messo Colao (tostissimo) a capo di una Task Force che dovrà gestire la fase post-emergenziale. Bene, che questa task force lavori alacremente e velocemente perchè io questa vita non la voglio. Ci ho messo 52 anni per ottenere la vita che avevo prima del lockdown, per cercare di trasformare le mie passioni (quella per il business networking e quella per i viaggi e i ristoranti) in lavoro e adesso devo buttare tutto all’aria. Va bene! Ma stare tappata in casa no, non è possibile. Voglio andare a prendere il caffè al bar, voglio andare a vedere la mostra a Palazzo Strozzi, voglio programmare un weekend a Venezia o a Istanbul e un viaggio in India o in Vietnam. Voglio riprendere la vita normale o almeno sapere QUANDO questo sarà possibile.

Siamo rimasti tutti a casa perchè l’epidemia è più contagiosa delle precedenti influenze e i reparti di terapia intensiva degli ospedali erano sull’orlo del collasso? Bene adesso si stanno liberando posti negli ospedali, sotto che soglia si potrà riprendere: sotto i 300, sotto i 150, sotto i 50? Il Governo ha il dovere di indicare tre scenari, dal pessimistico all’ottimistico, e settare per ognuno cosa deve essere messo in atto e cosa viene via via aperto o permesso. Da subito! Continuare a procrastinare ogni decisione non fa che creare ansia (se non angoscia) nella popolazione. E poi li conteremo i suicidi o i tentativi di suicidio… (immagini di Mary Long)

L’impossibilità di sapere cosa accadrà nel prossimo futuro impedisce di programmare la propria attività lavorativa e personale. Se fossi un dipendente pubblico o privato (esclusi i medici-infermieri in trincea e i professori che devono imparare l’utilizzo delle nuove tecnologie per adottare la VERA didattica a distanza) potrei godermi questo tempo da passare in casa, in telelavoro o in ferie forzate, per dedicarmi a hobby e attività piacevoli. Ma chi è free lance come me e, per di più,  stava lavorando ad attività che prevedevano il contatto fisico, le relazioni in spazi pieni di creatività, eventi di networking o alla stesura di schede di ristoranti fiorentini o di articoli di viaggio deve buttare tutto all’aria e reinventarsi ancora una volta. Ma come si fa a reinventarsi chiusi tra 4 mura senza sapere fino a quando e guidati dal Governo più impreparato capitato nella situazione più catastrofica della storia contemporanea? Ho sentito mia zia novantenne che mi diceva che mai aveva vissuto una situazione del genere, neanche durante e dopo la guerra. Mi viene da dire che ci vuole fortuna anche durante le sfortune! Parlo a livello sociale perchè personalmente sono fortunata: ho appena venduto la mia casa di Taranto, mia zia che era in ospizio era morta pochi mesi fa, evitando una probabile triste morte in solitudine, studiare da casa è un’ottima occasione per rendere autonomo nello studio mio figlio che, infatti sta prendendo ottimi voti studiando con i suoi tempi, più dilatati del normale.

Io però voglio tornare alla mia vita precedente, senza se e senza ma. Ho lavorato 52 anni per arrivarci. Non sarà un invisibile maledetto virus unito a un Governo di incompetenti indecisionisti a impedirmelo. Fateci analisi del sangue e tamponi a manetta e ‘liberate’ quelli che sono sani. Tracciateci tutti con le app telefoniche o con un braccialetto che ci geolocalizza. Fate tutto quello che la scienza e la tecnologia ci abilitano a fare. Sono contrario per motivi di privacy? OK tu rimani a segregato a casa ma io, una volta che si è stabilito che sono sana e che ho la mia app attiva, esco di casa e continuo la mia vita di sempre. Sapere che forse saremo ancora chiusi in casa tra 3 mesi o tra 6 mesi, che a settembre la scuola potrebbe riprendere a turni o a distanza, che non potremo allontanarci da casa per andare a teatro o al museo o per fare una gita, che tutte le attività pensate per far stare Francesco lontano dai video-game o dallo smartphone (leggi scout, sport, ecc.) saranno ancora impedite per un anno mi genera un’ansia incolmabile. Un blocco alle bocca dello stomaco, tremore alle mani e alle braccia, sudore e brividi insieme come ieri a pranzo dopo aver letto uno stupido messaggio new age che dice che #tuttoandràbene (questo sì che è stupido buonismo). E allora io sono disposta ad andare via, all’estero, in paesi in cui la vita riprenderà normalmente. Posso permettermelo. Non ho lavorato una vita per rimanere segregata in casa. Questo è sopravvivere. Mentre io voglio vivere!