Perchè odio Taranto

L’altro giorno ho fatto un’esternazione forte sulla mia bacheca Facebook dopo aver visto una foto di questi pseudo-vip tarantini in una delle loro seratone a festeggiare non si sa che cosa tutti griffati dalla testa ai piedi. Ho scritto di getto questa frase:

marò quanto NON mi manca ‪#‎taranto‬… con la sua mondanità inutile e pacchiana… la sua depressione sempre più nera… la noncuranza nei confronti della cosa pubblica e l’ossessione per la perfezione in privato… il continuo lamentarsi perchè qualcun’altro non ci dà quello che pensiamo ci spetterebbe. Non vedo l’ora di chiudere i ponti definitivamente con questa città orribile dove non ho scelto di nascere e ho maledetto per anni i miei che l’hanno scelta per vivere.

Ho ricevuto tanti commenti che mi hanno fatto riflettere di più e voglio spiegare maggiormente questo mio sentimento negativo. taranto-mar09-655.jpg_200942020190_taranto-mar09-655

Iniziamo dall’ultima frase: si, quello che mi fa innervosire è che mio padre abbia scelto di vivere e farci nascere e vivere a Taranto che non era la città natale nè sua (era di Laterza) nè della mamma (era di Castrignano del Capo). Hanno scelto una città brutta, sporca, culturalmente inesistente (vedi mostre, spettacoli, ecc.), senza università (quando avremmo dovuta frequentarla noi figli), con opportunità per il futuro pari a zero (se togliamo le solite attività parassite quali impieghi statali o simili). Ripensandoci probabilmente 60 anni fa Taranto in Puglia rappresentava un posto magnifico con l’industria (Italsider) e la Marina Militare (e relativi indotti) fiorenti, curata e vivace, con un clima e un mare invidiabili che facevano ben sperare. Io ricordo gli oleandri per strada, il pavone alla Villa Peripato e tanti bei negozi e cose da fare ma forse perchè i miei mi hanno sempre costretta ad avere mille impegni e tra pianoforte, scout, inglese, ecc. non avevo molto tempo di capire l’involuzione della mia città. Peraltro ho sempre odiato i miei genitori che mi impedivano di vedere trasmissioni idiote alla televisione (cartoni tipo “Candy Candy”, “Non è la RAI” e simili) e di uscire il sabato pomeriggio per fare shopping con le compagne di classe. Così facendo mi hanno costretta a cercare altri modi, meno scontati, per svagarmi (vedevo “Mister Fantasy” e “Saranno famosi”, il telefilm vero!) e a rinchiudermi nelle mie riviste patinate, sognando di scappare via da Taranto verso una città più bella in cui vivere. Ricordo che avevo un quadernino dove segnavo, città per città, i negozi più belli (ora si direbbe i ‘concept store’ come CorsoComo10 a Milano e LuisaViaRoma a Firenze), i concerti rock, gli spettacoli teatrali e le mostre da non perdere in giro per l’Italia e per il mondo. Speravo di compiere quanto prima 18 anni per potermi allontanare dalla mia città che sentivo una gabbia che smorzava i miei sogni.

Sicuramente se mi avessero lasciata uscire con le compagne di scuola anche io adesso passerei le estati andando a cena, giocando a burraco e festeggiando i compleanni nei circoli esclusivi di Taranto (vedi Yachting o Canneto), tra i VIP tarantini che poi sono quelli con i soldi (tipo proprietari di negozi o di concessionarie) non quelli che fanno qualcosa di intellettualmente stimolante o di utile per l’umanità. Chiusi nelle loro case perfette, ristrutturate con marmi e stucchi, arredate con mobili di antiquariato e di design, nelle vie del Centro Storico o sul Lungomare mentre basta girare l’angolo per vedere palazzi fatiscenti, mezzi abbandonati, con sedie fuori dal portone abitati da persone che vivono di espedienti. Ricordo che della mia età conoscevo tutti quelli delle sezioni migliori dei due Licei scientifici e dei due Licei classici, solo quelli perchè si rimaneva chiusi tra noi, figli di notai, medici, magistrati, commercialisti, avvocati, professori destinati a diventare notai, medici, magistrati, avvocati, professori…

Scegliendo l’Università, l’alternativa che i miei mi diedero è stata: Torino (dove già lavorava e viveva mia sorella) o Bari (l’Università più vicina a Taranto). Ovviamente ho scelto l’alternativa più lontana alla mia città! La vita poi mi ha portato in altre città (Cambridge, Potenza, Milano e adesso Firenze) e ogni volta che torno a Taranto provo un senso di fastidio nel notare la dicotomia tra uno dei tassi di disoccupazione più alti in Italia e la quantità di abbigliamento firmato e costoso addosso a chi passeggia in via d’Aquino e via di Palma, tra la sporcizia e la trascuratezza delle strade cittadine con immondizia accanto ai cassonetti bruciati e le costosissime auto e i telefonini ultimo modello che ostentano i tarantini bene.

La cosa che mi indispettisce di più, però, è che la mia città, o meglio la mentalità dei suoi cittadini, è sempre rappresentata dalla definizione ‘molle Tarentum‘, coniata da Orazio oltre 2.000 anni fa. L’industria pesante (Ilva, Eni, Cementir, ecc.) inquinano in modo folle provocando morti e tumori non solo tra gli operai ma tra i bambini e i tarantini rivotano l’ex-Sindaco (che era al ballottaggio con il figlio di un ex-ex-Sindaco incommentabile) che niente hanno fatto non dico per risolvere ma anche solo per sensibilizzare sulla questione. Salvo poi lamentarsi in maniera sterile: ogni tanto una manifestazione ma solo se non si va al mare o non ci sono i saldi e tutti al concerto del Primo Maggio perchè è gratis e c’è tanta buona musica. Tanto Taranto è spacciata: se l’Ilva continua a produrre le malattie mortali aumenteranno sempre di più; se chiude, lascerà decine di migliaia di persone disoccupate in una città di zombie.

(Integrazione post-elezione del nuovo Sindaco di Taranto 26 giugno 2017): Taranto ha scelto. Ha scelto di andare al mare. Lasciando la città nelle mani di chi l’ha amministrata finora, senza il barlume di una strategia e, spesso, senza dignità. Taranto ha scelto mesi fa di consegnarsi ai soliti candidati espressione del centro-destra e/o del centro-sinistra, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. E l’hanno deciso – anche e in primis – i candidati espressione di chi voleva davvero cambiare, divisi in tre gruppetti distinti, chissà perchè, poi? Disperdendo, così, i voti dei cittadini che davvero speravano in una miracolosa rinascita di questa disgraziata città. Voti che sommati tra loro nel primo turno avrebbero portato a un possibile, reale cambiamento. Ma con i SE e con i MA non si fa la storia. La storia si fa con i VOTI. E la STORIA ha deciso di tenersi a debita distanza da TARANTO. Povera città, espressione concreta della povera popolazione che la abita e che prima ha deciso di farsi la guerra sulle quisquilie, anteponendole al bene comune, e ieri ha deciso di andare al mare. Taranto ha quel che si merita, quel che meritano i propri cittadini. 

E l’alternativa all’industria pesante? C’è sempre qualcuno che deve fare qualcosa per noi: Riva, lo Stato, i politici… mai nessuno che abbia voglia di rimboccarsi le maniche per pensare a qualcosa che nasca dal basso, dalla vera vocazione del territorio che potrebbe vivere di storia (i reperti della Magna Grecia del MARTA sono unici), turismo (un clima che permette di andare al mare da aprile a ottobre), gastronomia (una tradizione culinaria eccellente dalle cozze alle orecchiette). E aggiungo Innovazione, come ha dimostrato il bellissimo Startup Weekend di inizio giugno 2015 a cui ho avuto l’onore e il piacere di essere coinvolta, con tante idee interessanti, ragazzi preparati e motivati e la presenza di Confindustria e CNA locali interessate a scoprire nuovi talenti e nuove opportunità. Ancora non abbiamo imparato che ogni volta che le cose vengono imposte dall’alto sono una fregatura per chi le subisce?!